martedì 3 settembre 2013

L'AQUILA IL CORAGGIO DI TORNARE A NASCERE


Da quando avvenne il terremoto nell'aprile di quattro anni fa, sono andato all'Aquila quattro volte.
La prima, quindici giorni dopo che avvenne il tragicissimo evento: vidi una citta' ed una comunita' in ginocchio, che, disorientata, non sapeva cosa doveva fare. Un numero rilevante di case crollate o parzialmente devastate con parti crepate sul punto di cadere giu' anch'esse e la viabilita' interrotta quasi totalmente. Il centro era tutto transennato ed era impossibile accedervi, anche perche' guardato a vista dai militari. Ma dal di fuori se ne intuiva lo sciempio: edifici religiosi e pubblico-funzionali, irriconoscibili e seriamente danneggiati, scoperchiati, con muri crollati e sul punto di cadere ancora.
E la bella popolazione, che orgogliosa dfella propria citta', che passeggiava tra i bar, i caffe' importanti del corso, i ristoranti e le accattivanti vetrine dei negozi importanti, sparita, non c’era piu' nulla. Non piu' aria gioiosa di festa dei sabati e delle domeniche, dove l'aquilano andava in simbiosi con le belle cose della citta', ma solo tristezza, disperazione ed sentore di morte.
La parte piu' periferica della citta' era costellata in accampamenti e tendopoli, dove la gente, cui era stata strappata la propria casa dal tremendo sisma, stazionava, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.
La seconda volta che andai, circa qualche mese dopo, la situazione era ancora in stallo, non era stata approntata nessuna strategia di ricostruzione e una parte della gente colpita alloggiava in container, messi su in fretta e suscettibili alle avverse condizioni atmosferiche. Nell’occasione passai a visitare anche paesetti limitrofi, come Paganica, Onna e San Benedetto e mi avvidi che tutto era distrutto e raso al suolo. La gente era ancora disperata e non sapeva come ricominciare. Mancava tutto, materie prime, vettovagliamenti e soprattutto fondi per intraprendere qualcosa di concreto per la ricostruzione. Si’, Berlusconi aveva fatto ricostruire un certo numero di case, in pochissimo tempo, ma non bastava.
All’Aquila il centro era ancora transennato e non poteva passare nessuno liberamente, solo le persone autorizzate.
La penultima volta, sono passato per il centro che era stato riaperto, ma c’era tanto vuoto e tristezza: tutti i negozi, i bar ed i ristoranti erano chiusi e nei loro interni s’intravedevano macerie e palificazioni di sostegno per evitare eventuali crolli di muri e soffitti. L’Aquila sembrava quindi una citta’ destinata ad una  morte inesorabile, si aveva l’impressione che fosse difficile ricostruirla e ristrutturarla, specialmente nella parte centrale. La gente che transitava nel corso sembravano turisti, che stessero visitando antiche vestigia di una citta’ del passato. Ormai l’Aquila sembrava appartenere alla storia ed al passato, chiusa al presente ed al futuro.
Anche i quartieri periferici erano completamente ancora disastrati, come constatai, accompagnato da una amica in macchina. Facemmo tutto il giro esterno al centro storico e sembrava che certe zone avessero perso la loro identita’.
Poi sono mancato all’appuntamento per ben quasi due anni, ed a Roma mi arrivavano ogni tanto notizie contrastanti. Sui giornali leggevo articoli, in cui si diceva che sarebbe stato difficile riportare L’Aquila agli splendori di un tempo e che si sarebbe voluto ricostruire una nuova citta’, in un altro sito, anche se non molto distante.
Ma l’Italia non poteva perdere questa citta’ ricca di storia, cultura e tradizioni...
Finche’ non e’ giunto il sabato della scorsa settimana,quando ho deciso, di passare per L’Aquila, dovendo fare un giro che mi doveva portare dalle parti di Ascoli.
Una volta sceso dal pullman nel terminal, ancora tenuto provvisorio e semicadente, decido di dirigermi verso il centro, passando per S. Bernardino e...allora la mia sorpresa e’ stata grande. Un gran numero di palazzi e costruzioni erano tutte circondate da impalcature e molti operai stavano lavorando per farli tornare alla piena efficienza, importanti bar, ristoranti e negozi avevano riaperto ed il corso sembrava ricominciare a tingersi di vitalita’ come una volta. La piazza centrale era tornata alla normalita’ e le due chiese avevano ritrovato la loro funzionalita’, con i restauri effettuati.
Quello che ho sentito dentro, una sensazione a pelle, che gli abitanti stessero usando tutte le loro energie per riportare la citta’ a quella di un tempo. Una sorpresa gradevolissima, che mi ha fatto sperare che entro il termine, magari, di un paio d’anni il centro storico riacquisti l’aspetto che merita. Poi, in secondo tempo, ci sara’ da ricostruire la periferia e ridare una vera casa ai disastrati, ma credo che anche questo non avverra’ molto tardi.
Tutto questo, grazie al coraggio e alla voglia di risorgere di questa operosa gente abruzzese, che non si e’ persa nel nulla, ma si e’ rimboccata le maniche.
Certo la ricostruzione non procede speditissima, come fu per il Friuli (li’ la gente e’ piu’ ricca ed ha un carattere indomabile), ma il popolo aquilano non e’ tanto da meno. La laboriosita’, l’onesta’ e l’abnegazione di questa gente restituiranno all’Italia una piccola perla che merita di essere di nuovo incastonata al suo posto tra i moltissimi e bellissimi paesaggi della nostra patria.

Paolo Carlizza.

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